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Jul 05, 2023

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Scientific Reports volume 12,

Rapporti scientifici volume 12, numero articolo: 12203 (2022) Citare questo articolo

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Questo studio indaga i cambiamenti nelle pratiche alimentari e nelle strategie di sussistenza nell’Italia dell’età del bronzo integrando analisi isotopiche con dati archeobotanici e archeozoologici. Indagando le abitudini alimentari, contribuiamo a ricostruire gli stili di vita umani e a evidenziare possibili collegamenti con l’organizzazione economico/sociale quando la nascita di società stratificate e nuove attività economiche incidevano sulle pratiche di sussistenza. Le analisi degli isotopi stabili nell'uomo e negli animali sono state condotte in 6 siti italiani risalenti a un periodo compreso tra 2300 e 900 cal. aC, seguita da una revisione completa di ulteriori 19 siti, che costituisce la base per un confronto diacronico e geografico per l'Italia dell'età del bronzo. L'analisi geografica mostra una dieta più varia nel Nord e nel Centro Italia, rispetto al Sud. L'analisi diacronica evidenzia l'omogeneità delle abitudini alimentari durante l'età del Bronzo Antico, a differenza delle fasi successive in cui si evidenzia un aumento della variabilità alimentare e un maggior consumo di proteine ​​animali. La media età del Bronzo appare come un momento cruciale nelle società protostoriche, una fase di transizione. Il consumo di diversi prodotti alimentari evidenzia l’importanza degli scambi culturali, determinando una sorta di “globalizzazione alimentare”, sebbene le fluttuazioni ambientali e climatiche possano aver influenzato anche i modelli alimentari, favorendo alcune colture rispetto ad altre.

L’età del bronzo in Europa è un enigma culturale. Secondo Heyd1 si colloca tra un fenomeno culturale sovraregionale e declinazioni molto locali dello stesso fenomeno. Con gli stili ceramici regionali e la metallurgia che dominano il dibattito archeologico, è stata prestata meno attenzione ad altre pratiche culturali come le strategie di sussistenza, con l’accordo generale che la sussistenza nell’Europa dell’età del bronzo si basava su piante e animali neolitici che sarebbero stati sfruttati in modo quasi inalterato. combinazione2,3. Qualsiasi speculazione sulla dieta dell’età del bronzo verrebbe fatta come parte di una riflessione sulla complessità sociale del regime alimentare, in associazione con l’età/genere o, più in generale, con le disuguaglianze sociali4. Nell'età del bronzo, più spesso che nei periodi precedenti, il cibo è stato studiato per la sua capacità di segnare distinzioni o di trasmettere accordo politico/sociale5.

Molti degli studi sulle strategie di sussistenza italiane per i contesti tardo preistorici hanno mostrato notevoli variazioni regionali. Tuttavia, qualsiasi tentativo di esplorare le differenze tra le categorie sociali ha rivelato solo risultati frammentari. Inoltre, uno dei problemi principali è che la maggior parte di questi studi si concentrano principalmente su un singolo proxy, ad esempio le prove archeobotaniche, fornendo solo una visione parziale delle tendenze alimentari.

Lo scopo di questa ricerca è ricostruire il comportamento alimentare dell’Età del Bronzo e individuare possibili cambiamenti nell’economia di sussistenza umana mettendo insieme la crescente letteratura archeozoologica, archeobotanica e isotopica sull’Italia preistorica. Ciò è possibile attraverso un approccio integrato che esamina i dati nuovi ed esistenti da una prospettiva più ampia. Nello specifico, questo articolo si propone di presentare una panoramica completa delle diete umane dell'età del bronzo italiana, riunendo una serie di record isotopici pubblicati e nuovi dati, al fine di ricostruire la variazione geografica all'interno della penisola italiana e i cambiamenti diacronici durante l'età del bronzo. Verrà inoltre esplorata e valutata la possibilità che i vincoli ambientali abbiano determinato la variazione locale e le differenze regionali, nonché il legame tra tradizioni culturali ed ecosistemi locali.

Le specie vegetali più comunemente sfruttate durante l'età del bronzo italiana sono l'orzo (Hordeum vulgare), il farro monococco (Triticum monococcum) e il farro (Triticum dicoccum), che appartengono al cosiddetto pacchetto neolitico nordorientale6,7,8. Cambiamenti significativi si ebbero tra il Neolitico e l'età del Bronzo: la diffusione di specie vegetali “minori” è stata registrata tra la fine del III e l'inizio del II millennio aC9. Sebbene la cronologia di questi cambiamenti non sia ancora chiara, l’origine di questo fenomeno sembra essere una conseguenza della necessità di superare le fluttuazioni climatiche, nonché di nuove pratiche sociali attestate a partire dalla seconda metà del III millennio, come suggerito in altri Aree dell'Eurasia10. Probabilmente legate ad un aumento della domanda dovuto all’aumento della dimensione della popolazione, nuove tecnologie, come l’irrigazione, la rotazione delle colture, la concimazione e strategie agronomiche specifiche, furono introdotte in continuità con i sistemi agricoli regionali sia nelle regioni alpine che in quelle meridionali come la Puglia , dove si sono svolte la maggior parte delle indagini archeobotaniche dell'Italia meridionale11,12,13,14,15. È da questo punto in poi che lo spettro dei cereali e delle piante commestibili comuni diventa più diversificato. Si coltivavano ancora i cereali tradizionali del Nord-Est, ma oltre a questi si coltivavano specie come il miglio ginestra (Panicum miliaceum), il miglio coda di volpe (Setaria italica), la segale (Secale cereale), il farro (Triticum spelta), l'Avena sp. e legumi (es. Pisum sativum, Vicia ervilia, Lens culinaris) diffusi nella penisola6,16,17.

 3, w = 1./p> 5 h, − 60°) and freeze dried for 48 h. Isotopic ratios and elemental contents were provided by Elemental Analyzer coupled to Isotope Ratio Mass Spectrometry at Iso-Analytical Ltd (Europa Scientific 20–20, Crewe, UK)./p>